Il Chun Jie 春节 – Parte Seconda

Visto che la fine di questo lungo periodo di feste cinesi è stata solo due giorni fa, sono ancora in tempo per raccontare qualche altro dettaglio sulla gita in montagna, e non solo (vedi episodio precedente)…
Lo spunto a postare questa aggiunta al racconto precedente è duplice; da una parte il fatto che Carlo, il santo (ma anche poeta e navigatore, come spero di spiegare presto) che mi ospita a Pechino, si è offeso perché non ho parlato dei suo botti e dall’altra la volontà di proseguire con i racconti sui bagni cinesi, dopo aver parlato di quelli dell’università.

Cominciamo dai botti. Prima di tutto per dire che sono finiti solo due giorni fa, come le feste cinesi e, sostanzialmente, durante le feste non c’è stato nessun giorno di pausa senza botti. Domenica sera ho avuto la fortuna di trovarmi al 27° piano (che poi probabilmente era il 12° o giù di lì, vedi “la numerazione dei piani”) e di poter vedere molto lontano all’orizzonte. In ogni punto della città si vedeva un lampo di luce e in qualche caso veri e proprie esplosioni di colore. Devo dire che la situazione aveva il suo fascino, purtroppo molto ridotto dal fatto che di questi luci ed esplosioni ne avevo davvero le palle piene… ricordava un po’ la scena finale di “Fight club”, ma me la sono goduta per breve tempo e ho lasciato la finestra per dedicarmi a un ben più interessante pane e salame.

Anche mentre eravamo a Chongli (il posto dove abbiamo dormito per andare a sciare a Wanlong), i fuochi sono stati grandissimi protagonisti. Il buon Carlo, da bravo napoletano trapiantato in Cina (una micidiale combinazione di passione “fuochista”), ha dato il suo meglio insieme ad un altro amico, Andrea. Nel pomeriggio hanno raddoppiato il prodotto interno lordo di Chongli, comprando una quantità di materiale esplosivo che non sarebbe entrata nel furgone dell’A-Team e tornando entusiasti per l’aver speso pochissimo rispetto ai prezzi di Pechino e, figuriamoci, dell’Italia. Allo scoccare della mezzanotte eccoci tutti in strada per assistere allo spettacolo; scena:

Carlo, vestito come un black-bloc, e Andrea predispongono due piccoli mortai e iniziano a sparare una selva di fuochi colorati, distraendosi di tanto in tanto per accendere dei serpentoni di piccoli petardi che fanno un rumore infernale tipo mitragliatrice; a pochi metri di distanza dei cinesi raccolgono la sfida e iniziano a lanciare fuochi colorati difettosi che esplodono sistematicamente a 5 metri da terra spargendo cenere e pezzi di razzo sulla piccola folla che non apprezza (timido e poco credibile eufemismo). Il tutto è durato ben oltre la mezz’ora, alla confortevole temperatura di -10 o peggio, con la piccola folla che non aveva coraggio di allontanarsi per il timore che Carlo e Andrea cercassero di fermarne la fuga con qualche lancio ad alzo zero…

Come non fosse bastata questa selva di mezzanotte, proprio nel mezzo del meritato sonno qualche genio ha pensato fosse necessaria una seconda scarica… e così via, alle 4:30 della notte, ad un’altra mezz’ora buona di fuochi davanti alla finestra. Credo fosse opera dei cinesi, ma mi riservo di controllare gli alibi di Carlo e Andrea.

Se ogni anno si ripete questo rituale del lancio di fuochi, capisco perché i cinesi contino sulle dita (vedi foto) senza mai usarle tutte e 10, qualcuna deve essergli saltata via…

 

Passiamo ora al, sempre caldo, tema dei cessi, di cui ho già parlato in un altro post (vedi L’università) e anche in privato con qualcuno. Ribadisco una volta di più che i bagni dell’università sono incredibili; durante le vacanze sono stati puliti, ma senza apprezzabili miglioramenti e sono ormai quasi sicuro che li puliscano con piscio concentrato per mantenere l’odore. Non so cosa possa succedere d’estate perché, una volta aperta la finestra, l’odore attirerà mosche da tutto il mondo…

Visto che queste condizioni igieniche precarie (forse l’ho già scritto da qualche altra parte, ma lo ribadisco, che il concetto cinese di igiene è quasi perfettamente coincidente con il nostro concetto di mancanza di igiene) non sono una prerogativa esclusiva dell’università, è normale trovare anche in giro dei cessi all’altezza di questi.

Nella notte di capodanno a Chongli, siamo stati in una magnifica discoteca , bella piena di giovani cinesi in festa. Gran bel posto questa discoteca, odore di muffa che nemmeno una cantina chiusa da anni, fumo, un dj che sapeva il fatto suo ma selezionava solo orribili remix di musica anni ‘80 e cinesi che ballavano felici, con uno stile molto diverso da quello di Pechino (forse le influenze straniere nella capitale) e sostanzialmente molto contenuto (soprattutto le ragazze, visto che mentre le italiane saltavano come pazze, loro non muovevano nemmeno i piedi). In questo bell’ambientino, ho avuto la brillante idea di andare in bagno; chiedo cortesemente (aiutato da un’amica sinofona) alla cameriera e lei, non sapendomi spiegare, mi accompagna. Due piani di scale per uscire dalla discoteca e, appena fuori, mi indica candidamente il muro giusto a fianco all’entrata… A me il muro andava benissimo, ma devo aver fatto una faccia sorpresa e così lei è ripartita di slancio, mi ha guidato per altri 4 piani di scale per finire in un corridoio buio e in un bagno ancora più buio dove camminavo pestando una strana fanghiglia di cui non comprendevo la composizione (per fortuna), chiedendomi a che scopo dovessi andare verso la turca, che tanto era tutto sporco uguale.

Anche questa volta sono sopravvissuto, nonostante tutto, ma la prossima?!?
Sani.