Episode 4 – me la tiro come Lucas e inizio dal 4 :-)

L’arrivo è stato un po’ traumatico, già all’aeroporto si percepisce quanto possa essere difficile comunicare con gli indigeni, tanto che non sono stato in grado di trovare gli uffici della Lufthansa nemmeno chiedendo informazioni a chi era in grado di parlare in inglese (NB: l’inglese lo parlano ben pochi e l’inglese che parlano fa mediamente pena, difficile da capire e altrettanto difficile far capire a loro). Comunque, bene o male, ne sono uscito; sono riuscito facilmente a prendere un taxi e ad arrivare dove dovevo, ho lasciato i bagagli e sono uscito ad esplorare…

Prima destinazione, ovviamente, Tian An Men, da noi tristemente famosa e “vicina” a dove mi trovavo. Per arrivarci, una camminata infinita lungo quella che sulla mappa sembrava una scampagnata, ottima per cercare di orientarmi un attimo, ma non piacevolissima a causa delle condizioni climatiche avverse, dato che tirava un vento allucinante e faceva un freddo porchissimo (-5° reali, grazie al vento e alla stanchezza ne percepivo -50°). Il vantaggio del vento è che aveva spazzato completamente l’inquinamento lasciando spazio a un cielo azzurro che, mi dicono, qui è una vera rarità…si vedono perfino le stelle. Anche grazie al cielo azzurro, la prima impressione sulla città non è stata male, la città è meno grigia e meno opprimente di quanto pensassi e i grandi spazi tra i palazzoni moderni del centro contribuiscono a dare un immagine positiva; certo non tutta la città è bella, ma in generale non è brutta e anche le zone residenziali, anche fuori dal centro, sono molto meglio delle periferie popolari di molte nostre città.

Dopo un ora abbondante di scarpinata, rigorosamente contro vento, arrivo a piazza Tian An Men: enorme, veramente infinita, un po’ grigia e senza spunti particolari eccetto la città proibita da una parte, che però non brilla poi tanto neanche quella. Intorno ci sono diverse attrazione, a cominciare dalla città proibita stessa, ma le ho lasciate a future visite. Nel tentativo di ripararmi dal freddo, e nella speranza di mangiare qualcosa (l’ultimo cibo era l’ottima colazione Lufthansa di 8 ore prima), mi sono affidato ad un simpatico indigeno che parlava un po’ di inglese e che avevo conosciuto per la strada. L’infame, fingendo (credo) di chiedere informazioni qua e là, mi ha condotto ad una nobilissima cerimonia del tè o roba simile, dove sono stato rapinato di una cifra, per Pechino, inconcepibile (141 euro, in bicchierini di tè, che neanche se me lo serviva la regina Elisabetta… diciamo che ho pagato il tè col sovraccarico del prezzo dell’inesperienza); non sapendo bene come funzionava qui, ossia che potevo contrattare il prezzo alla morte anche in un posto così (non si contratta dappertutto, ma almeno dovevo provare), ho pagato e sono uscito inferocito e senza averci capito nulla visto che anche l’autoctono aveva pagato 200 euro e aveva in mano la ricevuta della carta di credito apparentemente vera e mi aveva regalato una teiera perché mi vedeva incazzato…

Per tirarmi su di morale ho pensato bene di vedere, dato che l’ora era quella giusta (il tramonto ndI), la cerimonia dell’ammaina bandiera che stava iniziando i preparativi e che le guide consigliano di non perdere. Piccolo problema il fatto che dall’inizio al momento clou sono passati 40 minuti in cui non è successo niente (non poco, proprio niente!), che il momento clou dura 3 minuti e che il rituale, fondamentalmente, è una cagata. Sta roba la fanno 2 volte al giorno (alza e ammaina) e pare riscuota grande interesse ma a me proprio non diceva niente… Certo, forse la mia opinione era un po’ deviata dal fatto che i 40 minuti li ho passati a -5°, con un vento assassino e con orde di venditori che mi cercavano di vendere guanti e berretti senza darmi tregua (a posteriori ho scoperto che non era la loro spiccata sensibilità, nel percepire il fatto che stavo congelando, a muoverli, ma proprio il fatto che sono degli spacca-coglioni).

Passato questo primo shock tutto è andato bene, la sera sono praticamente sempre fuori tra cene e feste e nei primi giorni ho conosciuto subito una montagna di italiani (siamo ovunque), un bel gruppo, simpatico e unito. Il loro tasso di integrazione coi cinesi (e per quello che vedo ora anche con gli altri) è praticamente nullo (il melting NOT, come lo chiamo io…) e frequentandoli sembra di essere a Milano, ma sono molto attivi ed è una bella fortuna averli incontrati. Grazie a loro sto anche già partecipando a un torneo di calcetto e sono in programma sciate ed eventi vari 🙂